No module Published on Offcanvas position

Arte Romana

Arte Romana

Teorie pluralistiche

L’ arte augustea, iniziò nel 27 a.C. e terminò nel 14 d.C., tra i monumenti dell’epoca ricordiamo Ara Pacis Augustae che, se confrontato con il «classicismo» si identifica con le prospettive di una sorta di integrazione che va verso l’eleganza e la raffinatezza. Anche l’Augusto di via Labicana o Ottaviano Capitolino e molte  altre sono opere che si riflettono nell’arte ufficiale romana. In genere le sculture hanno una compostezza che si rifà ai modi compassati di Policleto e all’arte greca. I membri ritratti della famiglia di Augusto si interpretavano con fisionomie appartenenti al Princeps.

Arte Romana

Ara Pacis Augustae ( trad. Altare della pace di Augusto)

Gli uomini politici del tempo di Augusto decisero di costruire e dedicare un altare all’imperatore in segno di gratitudine. Ara Pacis fu costruito grazie al fatto che Roma prosperava e fu portata la pace dopo una lunga serie di disordini e conflitti. Dopo due secoli dalla costruzione il monumento fu sperduto e dimenticato a causa del Tevere che inondava e portava fango nelle zone circostanti, ma anche a causa dei cambiamenti urbanistici . Nel XX secolo questo monumento storico è stato salvato dalle fondamenta di un edificio rinascimentale e fu trasferito nel Campo Marzio di fronte a Mausoleo di Augusto.

Arte Romana

Augusto di via Labicana

L’opera rappresenta una delle più importanti testimonianze dell’imperatore Augusto in tarda età tra le altre trovate a Roma. Il velo che gli copre la nuca e buona parte del corpo segnalano la funzione di Pontifex Maximus. La statua presenta il braccio destro spezzato che probabilmente reggeva una patera, un piatto utilizzato durante il rituale per lo spargimento del vino durante un sacrificio.

l Pontefice Maximus era una carica religiosa romana, questa figura nacque nell’epoca antica di Roma ed era legata alla costruzione del Pons sublicius. Si tratta del ponte più antico di Roma che cavalcava il Tevere un po' più a valle dell’isola Tiberina. Pontefice Maximus era la carica massima alla quale poteva aspirare un religioso romano. Questo fu istituito da Numa Pompilio e solo i patrizi potevano aspirare a tale carica. Ciononostante ci fu un politico romano Tiberio Curuncanio che nel 254 a.C. divenne Pontefice Massimo.

La statua che ritrae Augusto in abiti da Pontefice Massimo risale all’età augustea. La statua presenta le caratteristiche dell’originale dell’età augustea cioè è un’ esecuzione fredda e accademica. Questa caratteristica si nota soprattutto sul volto dell’imperatore che assume un apparenza distaccata e spirituale. Tale effetto è dovuto dall’ influenza dell’arte greca su quella romana. I sinus della toga, ovvero le ampie curve panneggiate assunte dal tessuto creano un effetto decorativo annullando l’effetto volumetrico della scultura che in qualche punto appare appiattita.

La statua marmorea è alta 207 cm. La superficie chiara del marmo riflette in gran parte la luce che illumina e alleggerisce le ombre, anche se vi è un continuo crearsi di fitti chiaroscuri tra i panneggi della toga e del velo che copre Augusto Pontefice Massimo.

Arte Romana

 Ritratto di Ottaviano Capitolino

Il Ritratto di Augusto è conservato ai Musei Capitolini di Roma. La scultura riprende la fisionomia dell’imperatore Augusto nel periodo in cui non aveva alcun titolo imperiale. Il busto ha un alto di 45 cm.

I capelli di Augusto in questo ritratto sono presi a ciocche mentre le sagome delle guance incavate e della mascella sono tratti fluidi ma ben articolati. Gli occhi infossati e i tratti affilati rendono l’immagine dell’imperatore molto solenne ma anche molto impegnata.

Tutta una serie di ritratti come quello di Augusto sono l’esempio di un’ evoluzione politica nella Roma imperiale che al periodo che va dal 35 al 30 a. C. In quel periodo insorgeva la vendetta contro Cesare e si andava incontro alla supremazia politica senza esclusione di colpi. Si parla di un’ arte popolare che prevedeva le caratteristiche di racconti militari piuttosto che politici che prevaleva a Roma fino ad essere determinante non di rado dalle caratteristiche dell’arte ellenica. Perciò c’erano correnti pluraliste che permettono di attraversare la storia dell’arte romana rompendo i canoni tra arte plebea romana e arte classica greca.

Arte Romana

Ara Pietatis

L’Ara Pietatis Augustea rappresenta, tra le altre cose, una processione sacrificale che viene eseguita nei pressi di edifici sacri. I victimari conducono il toro a riti sacrificali camminando dinnanzi al Tempio della Magna Mater, sul Palatino. Il sacrificio avviene all’interno di un tempio con caratteri ottastilo corinzio, che viene messo in evidenza perché contrariamente agli altri edifici non crea il proprio spazio ma è eseguito esclusivamente in facciata.

Nell’opera non si può riconoscere il Tempio del divo Augusto Palatino come princeps nella figura centrale della decorazione frontonale; il personaggio ha una barba che gli incornicia il mento e ha un elmo a triplice lòphos sul capo.

Successivamente ci si è resi conto che questo altare poteva essere definito come Pietatis Augustae, in realtà, forse neanche mai esistita, o comunque non ben documentata.

Questa valutazione è dovuta al fatto che in un’ iscrizione capitolina, ora perduta, letta nel IX sec., vi era un riferimento alla consecratio di Livia avvenuta il 17 gennaio del 42 d.C., e allo scioglimento di un votum decretato dal senato nel 22 d.C.

Tuttavia si è tentato di mantenere una stretta relazione tra l’iscrizione e la possibile dedica di un altare a Livia divinizzata ma non si sarebbe trattato dell’A P., bensì dell’ ara Gentis Iuliae, un altare posto sul Campidoglio e conosciuto in base alla sua menzione in alcuni diplomata militaria, affissi su monumenti capitolini e negli acta fratrum Arvalium.

I monumenti a Roma, come in molte altre parti dell’impero, testimoniano la sua grandezza davanti ai quali venivano eseguite funzioni rituali e religiose e cerimonie che trasmettevano effetti spirituali molto densi. La rappresentazione di molte sculture infatti rappresenta gloriosi trionfi degli dei e degli imperatori.

 

Arte Romana

Arco di Tito - L’arte dell’età Flavia

Quando morì Nerone nel 68 d.C. terminò il dominio di una serie di dinastie compresa quella Giulio- Claudia e l’impero romano fu soggetto ad un conseguirsi di disordini e conflitti politici. Tale proposito diede la possibilità a Tito Flavio Vespasiano che, con i figli Tito e Domiziano (68-96 d.C.), diede senso e stabilità all’impero nonostante Domiziano divenne tirannico nei suoi ultimi anni.

Proprio in questo periodo l’arte romana raggiunse uno dei suoi massimi splendori acquistando un linguaggio assolutamente indipendente.

L’arco di Tito si trova alle pendici del palatino e fu eretto per volontà del Senato ma anche del popolo romano e da Domiziano, ultimo imperatore della dinastia Flavia. L’Arco trionfale in questione è stato completamente dedicato alla memoria di Tito e divinizzato in quanto trionfo nella guerra giudaica del 70 d.C..

L’arco è costituito da un unico fornice in marmo pentelico. Sono evidenti i racconti scolpiti, dai quali si snoda la processione trionfale e due Vittorie alate che sono poste negli archivolti. All’interno, dove è strutturata una volta a cassettoni, vi è un bellissimo rilievo che mostra l’apoteosi di Tito che ascende al cielo su di un’ aquila. Sulle pareti laterali, invece, ergono i momenti principali del trionfo. In uno avanza la quadriglia imperiale, guidata dalla dea Roma con Tito che viene incoronato dalla Vittoria, nell’ altro si vedono i soldati romani che trafugano e trasportano le ricchezze del Tempio di Gerusalemme.

Arte Romana

Tabula Iliaca

La tabula iliaca, un bassorilievo in marmo, ha le caratteristiche prioritarie di dividere le varie sezioni tra gli episodi narrativi nell’Iliade di Omero. Sono stati ritrovati ben 22 bassorilievi aventi queste topologie: la maggior parte fanno riferimento ad alcuni episodi dell’Iliade, all’Odissea e pochi altri ancora ai miti dei Sette contro Tebe. Tutti appartenenti all’epoca augustea o tiberiana. La decorazione mette bene in evidenza un piccolo pilastro che separa la tabula in due parti. Al centro fuga di Enea ed Anchise da Troia.

Dittico dei Summachi e Nicomachi

Nel periodo Tardoantico emerse senza indulgenza un filone artistico classicistico che produsse intorno al IV-V secolo i contorniati, medaglioni che valorizzavano personaggi eminenti, tra cui diversi condottieri dell’impero romano, in maniera particolare Traiano. Anche gli oggetti di argenteria e alcuni dittici aventi a capo due famiglie di alto livello come i Nicomachi e i Simmachi si possono interpretare come un classicismo irruente, che si contrappone all’affermazione del cristianesimo, che difende l’arte idolatra pur nella consapevolezza della sconfitta, ciononostante influente con le forme classiciste che favoriscono le arti figurative cristiane.

 

Arte Romana

Questa scultura in avorio risale al 338/401 a.C. Una delle particolarità dei dittici era quella di essere regalati da parte di famiglie romane altolocate alla celebrazione di eventi importanti, come il conferimento del consolato. Si può presupporre che la realizzazione di questo dittico sia dovuta dal matrimonio tra membri Simmachi e Nicomachi.

All’epoca esistevano differenti tipi di dittici, quelli consolari erano usati come strumenti politici e propagandistici all’interno dell’impero romano. Poi, esistevano i dittici ecclesiastici legati alle grandi famiglie senatorie. Nel dittico sono rappresentate due sacerdotesse pagane mentre affrontano pratiche sacre dopo che Teodosio I soppresse il paganesimo. Nella decorazione di questo dittico si può notare un bordo decorato a fregio di palmette e fiori di loto e il nome famigliare.

Per orientarci in relazione a quella che fu l’arte classicista che ha il suo bel prosperare nel IV-III secolo a. C. passando per i secoli I-II d. C., per la rinascenza «gallienica» , dove l’imperatore Gallieno riuscì a imporre novità nei contenuti delle forme artistiche, e per quella «teodosiana» alla fine del IV secolo dove, anche Teodosio, diede delle innovazioni alle correnti dell’epoca, fino ad arrivare alle testimonianze di «ellenismo perenne» quale il mosaico del peristilio del Grande Palazzo di Costantinopoli. Il Museo dei mosaici del Gran Palazzo è situato a Istanbul e al suo interno si trova un grande complesso di opere musive risalenti la fine del V secolo che testimoniano lo splendore del palazzo imperiale di Costantinopoli. I mosaici riprendono molto esplicitamente l’arte ellenistica e la loro datazione rimanda all’età giustinianea. Sono molto numerose le immagini all’interno del Museo del Mosaico di Istanbul che rappresentano differenti scene: un’ arena, cacciatori, vari animali, persone che trasportano pentole, animali predatori che inseguono la preda, nemici mitici come il Bellerofonte e la Chimera combattenti, pastori e così via.

In una delle immagini di caccia si possono  vedere due cacciatori che puntano le lance contro le tigri. Hanno bende sulle gambe per proteggersi e indossano camicie e tuniche. Hanno anche quello che sembra lo stemma dei reggimenti di guardia sui loro vestiti, il che potrebbe indicare che erano dipendenti del palazzo.