Recensione 19

Il volto e l' illusione

Il volto e l' illusione

Il quadro "Il volto e l'illusione" si presenta come un viaggio emotivo, una rappresentazione evocativa e ambigua della percezione umana. L’opera sembra giocare con il confine tra realtà e apparenza, evocando l’impossibilità di afferrare completamente l'essenza di chi abbiamo di fronte. I toni rossastri e le sfumature scure contribuiscono a creare un’atmosfera quasi onirica, in cui il volto appare e scompare, intrappolato tra ombre e luci. Non è mai pienamente definito, lasciandoci in bilico tra ciò che è visibile e ciò che resta nascosto, suggerendo che l’illusione non risiede solo in ciò che vediamo, ma anche in ciò che scegliamo di vedere. L’interpretazione che possiamo fare di quest’opera è quella di un’allegoria della nostra tendenza a idealizzare o distorcere l’immagine dell'altro, soprattutto in contesti emotivamente intensi. Guardando un volto, spesso non ci limitiamo a osservarlo: lo interpretiamo, lo carichiamo di significati che derivano dalle nostre emozioni, esperienze e desideri. La nostra percezione è, in questo senso, sempre parzialmente illusoria, un processo che Sigmund Freud chiamerebbe *proiezione*. Proiettiamo sugli altri i nostri sentimenti inconsci, vedendo in loro riflessi di noi stessi. Il volto nell'opera non è solo un volto: è uno schermo, un specchio per l'interiorità. La lettura da me proposta include anche un riferimento alla *prosopagnosia*, che rappresenta la cecità dei volti. Qui, la persona affetta non può riconoscere volti familiari, e ogni interazione diventa un confronto con l’ignoto, con il non definito. Similmente, questo quadro sembra riflettere l’esperienza di vedere, senza poter mai realmente afferrare o comprendere. Le macchie indistinte e le pennellate incerte sono un richiamo a questa impossibilità di riconoscere l’altro, come se l'identità stessa si dissolvesse nella nebbia delle nostre percezioni. Un’altra interpretazione psicologica potrebbe collegarsi alla *paranoia*. Nelle teorie psicoanalitiche di Freud e Lacan, la paranoia è spesso interpretata come una forma di difesa contro l'angoscia. In questo contesto, l’illusione legata al volto diventa il sintomo di un conflitto interno. L'altro diventa una minaccia, uno specchio distorto che riflette non la realtà, ma i nostri timori e sospetti. Lacan parla del "grande Altro", simbolo della società, del linguaggio e del potere esterno, che percepiamo attraverso il volto altrui. In questo quadro, lo sguardo dell'altro potrebbe rappresentare questo "grande Altro", un’entità sfuggente che ci osserva, ma di cui non possiamo mai cogliere l’intenzione reale. L’illusione, dunque, si lega alla proiezione paranoica: il volto dell’altro non è mai neutro, ma pieno di minacce o inganni nascosti. Per quanto riguarda le relazioni interpersonali, questo dipinto sembra evocare il tema dell’idealizzazione e dell'illusione d'amore, un processo comune che può essere compreso attraverso il prisma della psicodinamica. L’idealizzazione è un meccanismo in cui, soprattutto nelle prime fasi di una relazione, attribuiamo all’altro qualità sovrumane o perfette, ignorando i suoi difetti. L'immagine frammentata e indistinta del volto in questo quadro può simboleggiare quanto sia fragile e distorta la nostra percezione dell’altro quando idealizziamo o ci aggrappiamo a illusioni affettive. Inoltre, questo lavoro sembra alludere al concetto di *illusioni percettive* nelle teorie cognitive, che studiano come il cervello interpreta erroneamente ciò che vede. L’opera esplora il modo in cui costruiamo la nostra realtà interiore, spesso in contrasto con ciò che è oggettivo, e come le nostre emozioni influenzino ogni nostra interpretazione visiva e relazionale. Elena Beccagutti

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